Morten A. Strøksnes, Il libro del mare – p. 69

Sul lato esterno delle Vesterålen hanno una parola tutta loro per indicare il suono del mare che arriva dalla finestra della camera da letto in una mite notte d’estate, lambendo dolcemente la battigia: sjybårdurn.

Morten A. Strøksnes, Il libro del mare – p. 96

Il paesaggio non è davanti a me. È intorno a me. C’è un forte senso di qui nella corrente fisica al largo del faro di Skrova, ben lontano dalla corrente di informazioni di vita quotidiana su cui normalmente galleggiamo.

Morten A. Strøksnes, Il libro del mare – p. 200

Questo mi fa venire in mente un’osservazione del regista tedesco Werner Herzog: «La vita in mare deve essere un vero inferno. Un enorme, spietato inferno di pericolo permanente e immediato. Un inferno tale che nell’arco dell’evoluzione alcune specie, incluso l’uomo, ne sono strisciate fuori, fuggendo su piccoli continenti di terraferma, dove le Lezioni di Tenebra continuano.»
«Cazzate», dice Hugo, aggiungendo che bisogna proprio essere austriaci per pensare certe cose del mare.

Morten A. Strøksnes, Il libro del mare – p. 213

Del resto, il romano Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) è la prima fonte nota in cui la nostra parte di mondo si chiama Scandinavia (Scandinauia). Che significa costa strappata, pericolosa o danneggiata. Danneggiata dai grandi ghiacciai che hanno rosicchiato la terra facendola a pezzi e rendendola quello che è, con fiordi, isolotti, e isole costiere. E in pratica da nessuna parte con risultati più belli che alle Lofoten.