Davide Enia, Così in terra – p. 85

Mai tirare al sacco quando è fermo. Si colpisce ciò che si muove, per sbilanciare o frenare. La vita è nel movimento, ciò che è immobile è morto. Colpire il sacco fermo distrugge solo le dita.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 7

«Se hai davanti a te tre persone che stanno andando a fondo e cinque metri più in là sta affogando una madre con un bambino, che fai? Dove vai? Chi salvi prima? I tre qui davanti o la madre con il neonato che stanno lì?». Era una domanda smisurata.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 25

Credo che il fatto più traumatico sia stato l’avere avuto paura. Il sentimento della paura provata me lo porto dentro con grande senso di colpa, anche se poi l’ho rielaborato dicendo: “Ok, avere paura è normale, è umano, l’importante è superarla”. Però ce ne vergogniamo, io e Melo, perché c’è stata.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 26

La paura del diverso, di quello che non conosci, qualunque cosa essa sia, umano, animale, naturale, è normale. E se la superi la prima volta, probabilmente non ti si ripresenterà più.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 41

Perché la fotografia si fa sostanzialmente a piedi: devi camminare, non è che hai molte altre possibilità. Devi girare, senza cercare niente di particolare, quello che vuoi fotografare ce l’hai già dentro.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 76

Ecco il senso della parabola della pecorella smarrita, pensavo. Confidare che il gregge non affoghi mentre si prova a recuperare chi è stato portato via dalla corrente. C’era tutto il catechismo che avevo studiato da bambino in quelle parole.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 84

Prima io ero portata a vedere soltanto il loro carico di sofferenza, i corpi smagriti, i lividi, le cicatrici, gli occhi impauriti. Guardavo queste persone da un piedistallo, capisci? Da una posizione per cui loro, proprio perché qui ricevono aiuto, sono e saranno sempre in difetto.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 84

Avevo appena compreso che era ed è un errore gigantesco trattarli in maniera così ottusamente paternalista. C’è altro, oltre la disperazione. C’è la voglia di riscatto e di una vita migliore, ci sono le canzoni e i giochi, i desideri di alcuni cibi in particolare e la voglia di scherzare con gli altri.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 120

Una ragazza fenicia scappa dalla città di Tiro, attraversando il deserto fino al suo termine, fino a quando i piedi non riescono più ad andare avanti perché di fronte c’è il mare. Allora incontra un toro bianco, che si piega e la accoglie sul dorso, facendosi barca e solcando il mare, fino a farla approdare a Creta. La ragazza si chiama Europa. Questa è la nostra origine. Siamo figli di una traversata in barca.

Davide Enia, Appunti per un naufragio – p. 174

Oppure, Lampedusa da lampas, la fiaccola che risplende nel buio, luce che sconfigge lo scuro.

«Che dici, lo aggiungo al romanzo, zio?».

«Sì, mettilo alla fine, è bello concludere con la luce e con la resistenza».